Documenti dell’Archivio della VII Divisione Autonoma Monferrato.
L’avvicinarsi del 25 Aprile spinge a ricordare ancora le vicende che tra l’inizio del 1944 e la liberazione di Torino videro l’intensa attività nelle colline intorno a Robella dei partigiani della VII Divisione Autonoma Monferrato. Come dice il nome, a differenza delle brigate “Garibaldi”, “Matteotti” e “GL”, la “Monferrato” era una formazione partigiana non partitica; ciò che univa i giovani che con sprezzo del pericolo ne facevano parte era il desiderio di contribuire alla liberazione dei propri paesi e dell’Italia dall’occupazione nazi-fascista. Come mostrano alcuni documenti dell’archivio della Divisione la sua zona di azione corrispondeva grosso modo al triangolo Chivasso-Asti-Casale. Le colline boscose sulla destra del Po’ offrivano un terreno favorevole per nascondersi e poi partire da lì per rapide incursioni sulle importanti vie di comunicazione stradali e ferroviarie della zona. Fu cura dei suoi comandi stabilire precisi accordi con altre formazioni per evitare incidenti e coordinare la propria azione.
Nei primi mesi del ‘45 la Divisione deve affrontare un nuovo rastrellamento. I partigiani si disperdono, nascondono le armi. Finito il rastrellamento l’attività della Divisione continua. Come sempre la tattica è quella di non fare resistenza frontale, ma condurre brevi attacchi di sorpresa e poi ritirarsi di fronte a forze superiori
Le azioni condotte sono di molti tipi: posti di blocco per cattura di militari nemici (per effettuare scambi di prigionieri), acquisizione di armi e mezzi di trasporto, attacchi a piccoli distaccamenti nemici, sabotaggi di linee ferroviarie.
Finalmente arriva il tanto atteso momento della battaglia finale. Alla fine di aprile il Comando del CLN e degli alleati danno il via all’attacco verso Torino.
Il 24 Aprile il Comando della “Monferrato” ordina a tutti i reparti della divisione (ormai articolata in 4 brigate e dotata di armamenti piuttosto consistenti) di concentrarsi a Cocconato con tutti i mezzi di trasporto e con viveri per tre giorni.
Ordine di attacco a Torino
Alcune azioni nell’Aprile del ’45
L’attacco si svolge su diversi fronti. Una parte della divisione si dirige verso San Mauro per entrare poi da lì a Torino. Un’altra colonna va verso Chivasso per intercettare le truppe nemiche in fuga.
Finalmente Torino è liberata e c’è tempo per la foto ricordo con il carro armato della Monferrato catturato ai nemici!
Il carro armato della Monferrato davanti alla prefettura di Torino
Il 25 Aprile 2020 segna il 75.mo anniversario della liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista; è l’occasione per ricordare una delle tante storie particolari che hanno fatto quella grande vicenda.
Il Castello di Robella (con i suoi abitanti), come altre volte nella sua storia plurisecolare, ha conosciuto in quel periodo momenti drammatici. La sua storia si è intrecciata strettamente con quella della VII Divisione Autonoma Monferrato che ha avuto tra i suoi comandanti Carlo Gabriele e Sergio Cotta.
L’8 settembre e le sue conseguenze.
Il collasso dello stato italiano e del suo esercito dopo l’armistizio con gli Alleati (8 Settembre 1943) lascia il paese e la sua popolazione in una condizione drammatica. Gran parte dell’Italia viene rapidamente invasa dalle truppe tedesche, mentre centinaia di migliaia di giovani soldati e di ufficiali che sono sotto le armi si trovano di fronte a dilemmi angosciosi: arrendersi, passare dalla parte degli occupanti, nascondersi, resistere.
Sergio Cotta e Luigi (Vittorio) Radicati di Brozolo
Anche nelle campagne del Monferrato tanti giovani devono scegliere. Negli ultimi mesi del 1943 e poi soprattutto nei primi del 1944, quando nel Marzo la Repubblica Sociale con il proclama Graziani chiama alle armi i giovani per combattere al fianco della Germania nazista, ragazzi di Brozolo, Brusasco, Cavagnolo, Cocconato, Crescentino, Robella e altri paesi dei dintorni entrano in contatto con i fratelli Cotta, giovani ufficiali di complemento, e con Luigi Arialdo Radicati di Brozolo per decidere il da farsi. La scelta è resistere. Nasce così una piccola banda partigiana che si trasformerà nel corso dei mesi nella VII Divisione Autonoma Monferrato.
I primi passi della “Monferrato”
I boschi della zona, in particolare il grande bosco della Möia, offrono nascondigli sicuri e da lì si potrà partire per rapide azioni di sabotaggio e di intercettazione di carichi militari che passano lungo la importante strada (Torino-Chivasso-Casale) e le linee ferroviarie. All’inizio le armi sono poche, qualche pistola o fucile conservato allo scioglimento dell’esercito, qualche arma presa in piccole stazioni dei carabinieri, poca roba; bisogna cercare di ottenere altre armi dagli alleati attraverso lanci paracadutati.
Carlo Gabriele
Carlo Gabriele, che ha già maturato esperienza di guerra in Albania, assume con il nome di battaglia “Gabriele” il comando della banda. Faticosamente attraverso il comando clandestino di Torino si ottiene il contatto con gli alleati e comincia l’attesa del messaggio in codice di Radio Londra. Finalmente giunge l’atteso “Riccardo ammazza i leoni” e il 3 Luglio 1944 al “pra’ d’la pianca” nel comune di Brozolo si possono accendere i fuochi segnaletici e arriva il lancio. Una parte delle armi sono per la banda, altre devono essere distribuite ad altre formazioni.
Siluro per lancio paracadutato
Disgraziatamente la notizia del lancio arriva presto a orecchie nemiche. Carlo Gabriele mentre trasporta le armi ad altre formazioni viene arrestato e condotto a Torino nelle carceri fasciste di via Asti. Il comando della II brigata viene preso dal fratello Sergio. In questo periodo si forma la divisione Monferrato che incorpora varie bande e brigate e viene comandata dal capitano Pontini.
Nell’estate e autunno 1944 la II Brigata e altre bande collegate con il sostegno attivo della popolazione locale consolidano una zona “liberata” nelle colline che costeggiano la riva destra del Po’. Il comando è in località Boulac tra Robella e Verrua. Da questa zona vengono condotte azioni di sabotaggio delle linee ferroviarie nella pianura vercellese, attacchi a piccoli gruppi di militari tedeschi e della Repubblica Sociale con cattura di armi e prigionieri e anche qualche scontro di maggiore portata con reparti nemici. Le formazioni della Monferrato diventano una spina nel fianco degli occupanti che dal 16 Novembre i militari tedeschi e della Repubblica di Salò non riuscendo a trovare i comandanti della brigata prendono prigionieri i loro familiari.
Partigiani alla capanna del Boulac
Prigionieri nelle carceri nazi-fasciste
Militari tedeschi e della Repubblica di Salò non riuscendo a trovare i comandanti della brigata prendono prigionieri i loro familiari. Nel castello di Brozolo vengono catturate Maria e d Elisabetta Radicati di Brozolo, madre e sorella di Luigi Arialdo, nel castello di Robella Alberto Cotta padre di Carlo Gabriele e Sergio. Il castello di Robella viene saccheggiato. Dai prigionieri si cerca senza risultato di ottenere notizie sui nascondigli dei comandanti partigiani. Iniziano mesi di prigionia nelle Carceri Nuove di Torino. Di questo soggiorno sono rimasti lettere e alcuni ricordi. Il cucchiaio di legno di Alberto Cotta, le carte da gioco fatte artigianalmente da Elisabetta, gli elenchi della lavanderia.
La liberazione dei prigionieri avviene ai primi di ottobre grazie ad uno scambio con alcuni ufficiali tedeschi catturati dalla Seconda Brigata. Un sacerdote salesiano, padre Molas rende possibile lo scambio. Carlo Gabriele riprende il comando della II Brigata che diventerà il nucleo più forte e attivo della divisione.
I primi anni della seconda guerra mondiale nel diario di famiglia di una giovane piemontese. Dal racconto semplice degli eventi giornalieri filtrano la vita quotidiana nel castello di famiglia, le difficoltà legate alle restrizioni di guerra, i bombardamenti su Torino, le preoccupazioni per il fratello che parte per il fronte e che poi viene fatto prigioniero in Africa, infine la gioia per quella che con il 25 luglio 1943 sembra la fine della guerra. Il diario si chiude con questa speranza ma anche con una preveggente nota di maggiore pessimismo: i tedeschi vorranno veramente la fine della guerra?